Biancheria 1920-1930
Completo intimo composto da sottoveste e mutande color avorio in taffetas di seta ricamato a mano colore su colore, 1925 circa, collezione Camilla Colombo.
Dettagli
Contesto moda
La nuova esigenza di praticità che investe l’abbigliamento femminile con lo scoppio della Grande Guerra non risparmia la biancheria. Insieme agli abiti, anche i capi che vi si trovano sotto si fanno man mano più semplici, meno numerosi e meno voluminosi.
L’esigenza di modellare il corpo, spostando e creando volumi, per raggiungere un ideale fortemente innaturale, viene rapidamente a mancare, e l’elemento che maggiormente assolve a questa funzione, il busto, perde la sua ragion d’essere fino a sparire, sostituito da meno costrittive guaine elastiche. Le
mutande si accorciano e si chiudono in centro, trasformandosi in culotte lunghe fino a metà coscia. Le sottogonne prima si accorciano, per poi abbandonare quasi totalmente i guardaroba, e le camicie da giorno diventano sottovesti.
Se in questi anni alcuni capi di biancheria spariscono, altri fanno la loro apparizione, primo fra tutti il reggiseno, che dopo aver fatto timidamente capolino fin dai primi anni del Novecento, con gli anni venti comincia il percorso che lo renderà elemento fondamentale della biancheria femminile
ancora oggi.
Anche i materiali subiscono un evoluzione. La seta, o le nuove fibre artificiali, sostituiscono sempre più spesso gli onnipresenti lino e cotone, e grazie alle tinture sintetiche ora molto più stabili, l’universale bianco è spesso accantonato a favore di delicati colori pastello.
Informazione tecnica
Tema donna
Donne e sensualità
La donna, come una farfalla, compie la sua metamorfosi tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi del Novecento. Scrittori e pittori cercano di catturarla nelle proprie opere suggestionati dal suo fascino. Ai loro occhi compaiono due stereotipi contrapposti: la donna fragile e sottomessa alla volontà maschile, e la donna dal fascino fatale. Donne di spettacolo, donne di piacere, cocottes, usano la seduzione e la bellezza ammaliatrice e peccaminosa. Talvolta diventano avide d’artificio della propria immagine e finiscono per essere avvolte da un’aura oscura, dipinte come vittime del male di vivere, creature folli e diaboliche. Nonostante ciò, gli uomini non riescono a fuggire dal loro fascino perverso e maledetto. A cavallo tra i due secoli sono le fantasie di dalische e di danzatrici ad attrarre gli artisti: Poiret se ne rende interprete, modellando l’immagine di una donna proveniente da terre lontane, elegante e sofisticata. L’esotismo da una parte e il japonisme dall’altra si intersecano con il mito della geisha, figura dalla forte carica seduttiva che mira al raggiungimento di una bellezza esteriore ed interiore declinata attraverso la conoscenza e le arti. Con il declino della Belle Époque la donna si spoglia di ogni forma di finzione prediligendo un fascino androgino che i Futuristi accolgono con fervore creando un legame d’amore tra la donna e la macchina. L’avvento della guerra e il nuovo ruolo femminile portano ad un rinnovamento anche nell’estetica, liberando definitivamente il corpo dalle
costrizioni passate. La donna dipinta dai futuristi non seduce con l’abito ma con l’essere sé stessa e prepara il terreno a nuovi archetipi femminili di donna forte e indipendente. La garçonne rompe definitivamente i canoni estetici e adotta la mascolinità anche nell’abito. È una donna trasgressiva con il trucco marcato e la sigaretta fra le dita. Questa immagine di ritrovata forza arriverà fino agli anni Trenta.