postproduzione immagine realizzata da Melgar Ale

1930-1940 ca.

Abito da sposa in crêpe de chine color bianco perla con taglio in sbieco, 1930-40 circa. collezione Camilla Colombo.

Informazione tecnica

Tema donna

Donne nel dopoguerra
La Grande Guerra lascia alle donne un’esperienza di straordinaria mobilità all’interno del mercato occupazionale. All’aumento del lavoro impiegatizio corrisponde una ristrutturazione delle attività all’interno degli uffici, una gerarchizzazione dei ruoli e quindi il profilarsi di attività che vengono considerate specificamente femminili. Nel primo dopoguerra, la donna è impiegata nella produzione di giocattoli, nel settore culinario, nel settore moda e, infine, nella cosmesi. La maggiorparte di loro però ricopre ruoli considerati meno qualificati, quindi meno retribuiti e con minori possibilità di carriera. Il lavoro femminile è ancora ritenuto secondario e subordinato alla principale funzione della donna di madre di famiglia e moglie devota. In Italia i fascisti intervengono con leggi ferree sul lavoro femminile con il condizionamento della Chiesa Cattolica. Le argomentazioni contro l’occupazione delle donne puntano soprattutto sull’idea di frivolezza, sedimentatasi nell’immaginario comune, per cui le lavoratrici spendono il loro stipendio in trucchi e vestiti. Nel 1927, con un decreto-legge, il Governo fascista interviene sui loro salari riducendoli alla metà rispetto alle corrispondenti retribuzioni degli uomini.
Inoltre, la legge 221 del 1934 limiterà le assunzioni femminili, stabilendo l’esclusione delle donne dai bandi di concorso o riservando loro pochi posti. Ci vorrà ancora molto tempo perché i sogni di inclusione, appagamento professionale ed eguaglianza salariale si avverino.