Abito 1909-12 ca.
Abito intero color rosa cipria in raso di seta e merletto, con decorazioni in tulle ricamato, sartoria A. Civilotti, Parigi, Roma, 1907 circa, collezione Camilla Colombo.
Dettagli
Contesto moda
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento la moda femminile abbandona i grandi volumi che avevano caratterizzato i decenni precedenti.
Alla silhouette romantica di metà Ottocento se ne sostituisce lentamente una dalla linea più verticale e serpentina vicina ai canoni estetici dell’Art Nouveau.
Le grandi crinoline a gabbia e i sellini sono soppiantati da strati di tessuto e fodere con pizzi e balze che conferiscono un leggero volume, e la linea delle gonne diviene svasata allargandosi verso il basso. Il busto, compagno inseparabile delle donne per oltre tre secoli, è ancora presente, ma con una nuova forma che conferisce al corpo la cosiddetta linea a S, rendendo la
figura femminile più longilinea, ed enfatizzando e accentuando le curve del seno e del fondoschiena. Morbide camicie-blusa, aderenti sulla schiena e ricadenti sul davanti, con ampie maniche, sostituiscono sempre più spesso i rigidi corpini steccati, e alti colletti trasparenti, in pizzo e seta sostenuti da piccole stecche in fil di ferro o celluloide, fasciano il collo degli abiti da giorno, lasciando invece per la sera spazio ad ampie scollature che mostrano il seno.
Gli abiti sono corredati dall’ immancabile cappello, decorato con fantasiose composizioni floreali, e fissato in bilico sulle gonfie acconciature grazie a lunghi spilloni decorati.
Le tonalità più in voga sono tenui tinte pastello, dal rosa antico all’azzurro tortora, e se per il giorno i tessuti di lana e cotone sono ora utilizzati anche per gli abiti più eleganti, per la sera la seta è ancora regina incontrastata, spesso incrostata di merletti e ricami, in un gioco di sovrapposizioni e trasparenze.
Informazione tecnica
Tema donna
DONNE & LAVORO TESSILE
In Italia, tra fine Ottocento e inizio Novecento, si avvia una ricerca focalizzata sul patrimonio nazionale volta alla promozione delle manifatture artigianali tradizionali. Per questo, da una parte si diffondono nuovi movimenti artistici incentrati sulla ripresa del passato e dall’altra prende avvio il recupero delle arti decorative. Quest’ultimo ambito è uno dei pochi in cui lavorano maggiormente le donne. Ne è un esempio la mostra “Operosità femminile italiana” del 1902 che dovrebbe presentare i prodotti realizzati dalla mano femminile ma che risulta invece essere una monografia su merletti e ricami. In questi anni si diffonde un nuovo modo di concepire il lavoro delle donne che deve essere utile come quello dell’uomo. È per questo che nel maggio del 1903 nasce la cooperativa Industrie Femminili Italiane (IFI) che si pone come missione quella di rintracciare le tradizioni delle lavoratrici, adattarle al gusto moderno e renderle funzionali. Le donne, sin da bambine, sono educate per
diventare ottime sarte, merlettaie, ricamatrici oppure lavoratrici dei campi ma, nonostante l’alta professionalità acquisita devono accontentarsi di salari irrisori. Sarà proprio nell’ambito dell’industria tessile e delle arti decorative che le prime rivendicazioni femminili troveranno terreno fertile.
Rosa Genoni
All’inizio del Novecento è Rosa Genoni a credere nella necessità di sviluppare una moda puramente italiana, indipendente dall’imperante gusto francese, e capace di valorizzare l’artigianato autoctono. Nata in una famiglia povera e numerosa, Rosa inizia a lavorare a dieci anni come ‘piscinin’ (tuttofare) in una sartoria di Milano, città in cui i numerosi laboratori sartoriali occupano l’85% delle donne lavoratrici. Dopo un breve periodo di apprendistato in Francia viene assunta dalla casa di moda milanese H.Haardt et Fils. Ne diventa direttrice nel 1903, occasione che le consente finalmente di proporre i suoi modelli accanto a quelli francesi. Conscia delle eccellenze artistiche del suo paese, Genoni guarda al Rinascimento per la collezione con cui vince il Grand Prix per le Arti Decorative all’Expo di Milano del 1906. Sin dalla sua partecipazione al convegno internazionale sulle condizioni dei lavoratori di Parigi del 1884, Rosa è coinvolta in iniziative sociopolitiche per il
miglioramento dello status delle lavoratrici, l’emancipazione femminile e la pace. Inoltre, consapevole dell’importanza dell’educazione, insegna per anni sartoria, storia della moda e del disegno presso la Società Umanitaria di Milano che si è posta come missione quella di istruire professionalmente le classi più disagiate e, nel 1928, apre la prima scuola di cucito per le detenute del carcere San Vittore.